venerdì 19 agosto 2016

Indoeuropei #1: Bevande degli Dei: nettare e ambrosia [Parte I]


Questo piccolo percorso si baserà sul libro "La cultura indoeuropea" di Romano Lazzeroni. Tutto ciò che vi troverete è basato su nozioni di linguistica e filologia. Il tentativo dell'autore è quello di risalire a matrici ideologiche e culturali attraverso l'etimologia dei termini, indagando come i parlanti di quella data lingua organizzavano e interpretavano i dati dell'esperienza in una precisa epoca e cultura.

Prima di partire ricordo qualche rapida informazione.
Con indoeuropei si indica un gruppo di popoli che parlavano la stessa lingua (che si differenziò con la loro espansione su territori diversi), ma che non costituivano una stirpe unitaria. L'ipotesi più accreditata è che vissero tra il IV e il III millennio a.C. nell'area tra il Danubio e gli Urali.


"Il cibo degli dei", piatto in maiolica del 1530
attribuito a Nicola da Urbino
Nella lingua greca il termine nectar (νέκταρ) «nettare» indica l'alimento che, insieme all'ambrosia (ἀμβροσίη),  assicura l'immortalità. 
Secondo un'etimologia ottocentesca sostenuta de Thieme e da Schmitt, néctar sarebbe composto dal nome della morte νέκ- (latino nex, greco νέκυς nécus) e dal grado ridotto *tᶉ- della radice indoeuropea *ter(ə) - «attraversare». Il nettare quindi è la sostanza magica con cui si attraversa e perciò vince la morte. 
Per capire perché "vincere" sia detto "attraversare" ci vengono in aiuto i testi vedici (raccolte in sanscrito di testi sacri) e della tradizione latina.
La prima cosa da fare è chiarire la differenza tra morte naturale e morte prematura nella visione vedica: la prima è dovuta alla vecchiaia, la seconda a qualsiasi altra causa ed è quella che può essere vinta, rappresentato come un «attraversarla», tarati in sanscrito.
Nel mondo latino abbiamo la stessa distinzione: mors per la morte naturale, nex è la morte prematura, perlopiù causata dall'uomo.
Nectar si compone quindi del lessema di origine latina che rappresenta la morte prematura e della base verbale che indica l'attraversamento.
Ma perché il verbo «attraversare»?
Sempre nei Veda, ogni male è concepito come una strettoia, amhas- e, la vittoria su questo male, è considerato l'attraversamento di tale strettoia.
Chiarito questo, possiamo passare all'ambrosia, perché nel nome greco vi è contenuto il nome della morte naturale: ἀμβροσίη < *ṇmᶉt- ed ecco spiegato perché ricorrono in coppia: uno sconfigge la morte prematura, l'altro garantisce l'eterna giovinezza. L'immortale in greco è «ἀΘάνατος καί ἀγήρως» (athànatos kai aghéros) "senza morte e senza vecchiaia", in sanscrito troviamo ugualmente amᶉtae ajurya- col medesimo significato.

Senza la lettura dei Veda non avremmo potuto ricostruire una realtà che aveva una coerenza solo nel sanscrito vedico e ci costringe a tener conto di un archetipo indoeuropeo.


Fonte: La cultura indoeuropea di Romano Lazzeroni, Laterza, 1998

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